Come abbiamo già detto, la prima regola fondamentale da seguire per costruire un portafoglio è quella della diversificazione. In questi due articoli analizzeremo le opportunità che presenta la diversificazione valutaria di un portafoglio obbligazionario, cioè le opportunità derivanti dall’acquisto di obbligazioni in valuta da inserire in un portafoglio.
Risulta essere chiaro che investire nelle valute presenta un rischio ulteriore rispetto all’investimento in obbligazioni in euro. Il rischio è rappresentato dal cambio, cioè dal rischio che la valuta comprata si deprezzi rispetto all’euro.
Diciamo “rischio ulteriore” in quanto si aggiunge agli altri due rischi tipici dell’investimento in obbligazioni (o bond). Vediamo quali:
il rischio tasso, cioè il pericolo che il prezzo scenda a causa di un rialzo dei tassi di interesse
il rischio emittente, cioè il pericolo che non vengano pagati gli interessi o rimborsata l’obbligazione, cosa particolarmente importante nel caso delle obbligazioni subordinate.
Occorre precisare però che i rischi possono risultare anche positivi, in quanto si presentano delle opportunità di extra rendimenti nel caso in cui il valore dell’euro possa diminuire, per cui il portafoglio registrerà una plusvalenza sul rapporto di cambio.
Quindi, investendo in obbligazioni in valuta estera si otterrà una plusvalenza nel caso di una svalutazione dell’euro rispetto a quella valuta. Di contro avremo una perdita nel caso di una rivalutazione dell’euro.
Il primo problema che si presenta nella costruzione di un portafoglio obbligazionario in valuta estera è quello di decidere quanto investire nei vari Paesi e nelle valute. Ci sono due possibilità:
Investire in tutti i Paesi in proporzione alla loro capitalizzazione di mercato, cioè in base al totale dei titoli che hanno in circolazione. Però, con questa strategia andremo a costruire un portafoglio poco diversificato perchè molto concentrato su pochi Paesi, escludendo in sostanza la maggior parte di essi. Per esempio il portafoglio si concentrerebbe soprattutto su Stati Uniti e Giappone che rappresentano più dell’80% del mercato dei titoli di Stato dei Paesi sviluppati, arrivando al 90% se consideriamo anche il Regno Unito.
Investire in tutti i Paesi con lo stesso peso percentuale. E’ stato dimostrato che questa strategia è da preferire alla precedente in quanto offre una maggiore diversificazione, e quindi il portafoglio risulta meno volatile, creando una situazione di rendimenti più stabili e costanti nel medio termine.
Se si decide di investire nel debito di un Paese estero sviluppato, le opzioni di allocazione sono due
comprare titoli di Stato (debito sovrano) nella valuta di quel Paese (per esempio titoli in dollari Usa degli Stati Uniti);
investire nei debiti societari, cioè comprare obbligazioni corporate nella valuta di quel Paese.
Se invece si decide di investire nel debito di un Paese estero emergente, ci sono tre opzioni di allocazione:
comprare titoli di Stato (debito sovrano) in valuta forte (cioè nella valuta di un Paese sviluppato, di solito dollari Usa). In questo caso, oltre al rischio di credito ed al rischio valuta, esiste anche il rischio tasso del Paese nella cui valuta sono espressi;
comprare titoli di Stato (debito sovrano) denominato in valuta locale. Anche qui esistono i rischi di credito, di valuta e di tasso, per cui avremo grossa volatilità ma anche diversificazione e buone opportunità di rendimento;
investire nei debiti societari in valuta locale o forte (cioè in dollari Usa). I rischi sono gli stessi indicati nel punto precedente. Oltre a questi si aggiunge un ulteriore rischio che è quello della scarsa liquidità rispetto al debito sovrano, dato che in questo mercato i volumi di negoziazione sono inferiori.
Il risparmiatore dell’area euro, se vuole diversificare il suo portafoglio, dovrà investire nelle tre valute principali:
Dollaro Usa. Anche se negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione è arrivato al 9,60% ed il debito pubblico è ormai al 100% del Pil (Prodotto interno lordo), il dollaro è sempre la valuta più importante a livello mondiale, ed è storicamente “anticiclica”, cioè riesce a guadagnare nelle fasi di crisi dei mercati e ad essere uno strumento che ammortizza i rischi dei portafogli.
Franco svizzero. E’ da sempre la valuta “difensiva” e il “bene rifugio” finanziario per eccellenza e, dopo un periodo di appannamento nel biennio 2008/2009, nel corso dell’ultimo anno ha ripreso il suo ruolo “storico”.
Sterlina inglese. La Gran Bretagna sta attraversando una situazione economica molto difficile, ma le misure di rigore e austerità imposte dal governo sono da considerarsi positive. Inoltre è l’unica grande economia europea che non segue i problemi dell’euro, per cui rappresenta una buona opportunità di diversificazione.
Possiamo concludere affermando che l’investimento in obbligazioni in valuta è sicuramente un ottimo sistema di diversificazione di un portafoglio obbligazionario. Da evitare chiaramente i titoli di Paesi a rischio (i famosi Pigs – Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). Ricordiamo inoltre che la Germania è ritenuta uno dei Paesi più solvibile del mondo. L’investimento in valuta non deve comunque superare il 25-30% del proprio portafoglio, in quanto le oscillazioni dei mercati valutari sono per natura poco prevedibili e dunque presentano dei rischi.